lunedì 26 marzo 2012

Ventinove febbraio

Fastidiosa abitudine il prevedere.
Al mio dono oracolare è antica ogni tua ventura mossa.So di essere indiscreto vedendoti così nuda, mi spiace, il vento non si ferma per non esserti freddo.
Tu credi quest'amabile condanna mi protegga? Mi vedi così in pace, davanti al tuo ferirmi...ho solo già sofferto, mentre tu ancora baciavi.
Allora? Che temi? Che temi?
Non puoi farmi del male, e io sto solo giocando. Sii brava almeno, ho visto le tue strade, ora a te danzarci! Un passo e poi un altro, lì ci va una ruota, non vedi? Ora una piroetta, coraggio!
Ah, come sei sciocca, cammini come tutti. Non avertene dunque se ,per il mio dramma, scelgo un altro attore: è solo che mi voglio divertire, con tutti questi giochi, che mi passano intorno.
Un falò assai più grande serve a farmi danzare, prendi la tua roba, lasciami dormire.
E' stato interessante, quando ti sognavo, poi però ti ho visto.
Abbi una buona vita, che non ti voglio male, se ti va ripassa, ti offrirò del pane.Ora in bocca al lupo, prendi la tua via, tietti la tua strada, che io tengo la mia.


Lucifero

#01

Gli occhi si spalancarono su impalpabili cumuli incolori, come sbiaditi. I pallidi iridi penetravano nelle grigie onde umide, che lente s'infrangevano contro il suo viso ormai intorpidito. Pochi istanti, prima che un precipitare improvviso lo rapisse all'inconsueta condizione.
Solo qualche attimo, poi brune punte d'aghi composte, castano fogliame appassito, nodose e rigide dita raggrinzite lo scalfirono con violenza, mentre un'irresistibile potenza lo conduceva nel vacuo marasma, burattinaio dagli sconosciuti intenti.
D'un tratto s'arrestò la sua corsa, rimase fluttuante tra indefiniti figuri corvini, e longilinei steli d'avvizzito smeraldo, e fatiscenti pietre difformi. Errando tra le ombre, stille di salso liquido parevano da esse piovigginare lievi su di lui, mentre raggiungeva lentamente quel ch'esse scrutavano.
Un monolite lì si stagliava, e un incisione su esso trovava luogo. Un disarmonico nome contorto si poteva in essa decifrare. Forse figlio d'una nevrotica madre scorbutica, torturata dal proteggere il frutto del suo ventre, cosicché lo appellasse similmente al proprio essere. Come sua madre.

Un altro di quei frammenti, simile al primo che ho postato. Questo gli è pure anteriore come periodo di scrittura. Non saprei configurarlo bene né su cosa sia, né se mi piaccia, però l'idea del rivedere il proprio funerale mi ha sempre in qualche modo incuriosito...


Gian

domenica 25 marzo 2012

All’interno del nucleo del Sole

All’interno del nucleo del Sole la pressione raggiunge i 500 miliardi di atmosfere, valore che comporta un’altrettanto elevata temperatura. Queste condizioni spingono gli atomi di Idrogeno, presenti in grande quantità nella stella, ad avvicinarsi tra loro fino a giungere alla fusione. La reazione genera l’Elio, insieme ad una grande quantità di energia liberata nella spazio sotto forma di flusso di particelle e di radiazioni solari, tra le quali c’è la luce.
L’insieme di onde elettromagnetiche che compongono la luce si propaga nel vuoto dello spazio ad una velocità che si avvicina ai 300 milioni di chilometri al secondo, impiegando appena 8 minuti e 20 secondi per percorrere i 149 milioni di chilometri che separano il sole dai suoi capelli biondi.
Sulla loro superficie la radiazione viene in parte assorbita e poi riflessa, perdendo quasi tutta la sua intensità già decimata dal passaggio nell’atmosfera terrestre, ed arriva quindi ai miei occhi che ne riescono a percepire solo le frequenze comprese tra i 400 e i 780 terahertz. In particolare quel tono di giallo, con una lunghezza d’onda di circa 580 nanometri, attraversa in un istante la cornea, la pupilla, la lente del cristallino e il corpo vitreo, venendo così convogliata sulla retina dove i coni, cellule fotorecettrici responsabili della visioni dei colori accesi, trasformano tramite reazioni chimiche queste radiazioni in impulsi bioelettrici.
Queste flebilissime scosse vengono percepite dal corpo genicolato laterale ed arrivano fino alla corteccia visiva , situata nella parte posteriore del cranio, passando attraverso i cinque centimetri della lunghezza del nervo ottico. Qua vengono poi smistate verso la corteccia temporale inferiore, che svolge compiti mnemonici e di ricognizione visiva. Gli impulsi sono quindi codificati ed elaborati in maniera da poter modificare o creare collegamenti attivi tra neuroni, dette sinapsi, dalle quali dipende la memoria.
Il processo di accumulo di informazioni avviene, seguendo un percorso analogo, anche tramite gli altri quattro organi sensoriali, a cui vanno aggiunti i dati derivati dalle percezioni emotive.
L’insieme di nozioni che viene così a formarsi costituisce la memoria, che può essere di due differenti tipi: se l’eccitazione del legame non dura che pochi secondi, si avranno memorie a breve termine, quelle che permettono di memorizzare una scritta che leggiamo su di un bidone della spazzatura o il colore della felpa indossata dalla ragazza carina seduta davanti a noi in autobus; se invece l’eccitazione nel legame è più forte e porta anche alla formazione di proteine, si avranno memorie a lungo termine, ovvero quelle che permettono di ricordare il nome di nostra madre o il giorno del nostro compleanno, che non scorderemo fino alla morte cerebrale.
Queste memorie sono tutto quello che un uomo possiede. Grazie a loro si formano l’esperienza, la ragione, la sensibilità personale: senza di esse non saremo che bestie.

Io queste memorie le sto perdendo.
I ricordi si sfaldano nell’intreccio dello sforzo atto a rievocarli, i dettagli dei luoghi visti e delle situazioni vissute si affievoliscono fino a scomparire, le sensazioni provate perdono lentamente significato diventando riflessi sterili. Più tento di ricordare, più mi rendo conto della degradazione progressiva e costante che, in maniera naturale e incontrollabile, sta intaccando la mia memoria. Non si tratta di una malattia, come qualche particolare patologia che impedisce la formazione di sinapsi o la loro localizzazione, ma di un problema fisiologico connaturato nell’uomo. Niente di anormale, ne parla anche Sartre, bensì una semplice quanto fastidiosa complicazione che, però, mi mutila lentamente dall’interno.
Ad esempio, non ricordo più l’esatta forma del suo naso o il tono della sua voce, né tantomeno il suo odore o le ultime parole che mi disse: ricordo soltanto quanto quelle ore mi abbiano segnato. Tra qualche tempo, con ogni probabilità, non ricorderò più nemmeno questo.

Continua [?]



Paco

mercoledì 21 marzo 2012

TSW

"Fuori da un tempo ormai perduto, la neve lascia gradualmente il posto ad un verde di sembianza  primaverile; così il panorama si mostrava..."



Terrazza dei Sibillini - Loro Piceno


Gian

sabato 17 marzo 2012

Sogno e sonno

Sognai, una notte, il giardino del cielo,
ove un so che sereno sentire
dolce nel cuore mi si volle aprire
come un fiore che sboccia sullo stelo.

Poi la gioia sbiadì, quindi fu assente.
Rimase un vuoto senza alcun rumore:
nemmeno un tenue pianto di dolore,
nemmeno un timido riso: niente.

Quando fui dall’abisso risalito,
laddove sono intense e non ben deste
le sensazioni, nel seno il celeste
eco ondeggiò del giardino fiorito.

Pur di nuovo quella melodia
mesta, che soavemente il cuore irrora,
tremò, e mi suonò men vera: ancora
quella gioia sbiadendo vania.

Che, ormai quasi sveglio, mi si volse
il pensiero all’immoto, taciturno
oblio oscuro del giacere notturno;
ed un orrore, tremando, mi colse.

Cosciente (e con molte, molte pene
nell’anima), stimai di te, o piana
ampia e pacifera dei fiori, vana,
se non in tremulo sogno, la spene.

E di te, fondo oblio, immobile mare
immortale; cupo oblio, senza rumore:
ne tenue riso, o pianto di dolore;
Oblio! Di te, insensato il tremare!


Mattia