sabato 20 agosto 2016

Umanità paranoica

Basta non incrociare o scambiare un alito di sguardo con nessuno, camminare con disinvoltura seguendo una direttrice prestabilita e il problema non si dovrebbe porre, almeno spero. Attendo ciondolante cercando di stringermi dentro e diminuire lo spazio occupato: le piccole cose sfuggono facilmente, un soffio di vento e non si è più. Via.
I bottoni metallici della giacca s’infrangono ad ogni passo, cozzano l’uno sull’altro e producono un suono leggero e acuto, un tintinnio che penetra risalendo schiena collo orecchie fin nel cervello cervelletto producendo contrazioni muscolo-scheletriche involontarie. Mi agito ogni volta. Ed ecco che, nonostante il rumore di fondo che m'accompagna, quelle coppie di ombre là davanti credo si siano voltate verso di me. Non riesco a definirle con certezza. Ora mi guardano, ora le guardo. Cerco di non farmi notare e la visione periferica si riempie di macchie colorate e linee confuse. Inizio a preoccuparmi, devo fermarmi per qualche secondo: ho bisogno di riflettere ma non ne trovo possibilità. Calmarmi ma ecco...

ecco... si è bloccato, non va non va, resetta resetta... aspetta ferm...

Chissà cosa penseranno: verranno da me o rimarranno lì ferme a guardarmi? Diranno ma tu guarda quel coso là com'è maldestro e sospetto, sicuramente ha qualcosa che non va o è un colpevole; altrimenti sarebbe tutto diverso. Sì, è sicuro. Riesco a leggere i loro pensieri attraverso lo sguardo immaginato: anche io farei così, quindi sicuramente penseranno quello; ora aspetteranno un po', i secondi daranno loro fiducia, correggeranno le loro paure, e verranno dritte da me; già me la vedo: è una trappola. Una trappola pronta per me. Sapevano che io sarei uscito, e mi sarei trovato in quel luogo in quel momento, lo sapevano perché mi spiano (ho il corpo pieno di localizzatori). Hanno seguito tutti i miei passi, dal risveglio fino ad ora, sono lì per quello. Non c'è dubbio ormai. Sono colpevole e non posso farci niente ma posso sempre fuggire, iniziare a correre senza mai voltarmi indietro, cercare un luogo più sicuro e scavare nella mia carne alla ricerca di tutti gli impianti che ho. Li estirperò tutti: dal primo all'ultimo. Non avrò più carne né pelle addosso, solo mucchi d'ossa tendini e nervi, ma sarò libero e avrò un profumo diverso; volerò anch'io leggero e fugace come residuo d'una sensazione che già presa si dimentica. Se non dovesse bastare annullerei la mia corporeità: dal basso verso l’alto scarterei la mia presenza sensibile. Scomparirei.
A meno che non abbia qualche impianto dentro, dentro la testa intendo. Incollato alle mie sinapsi. In quel caso non solo potrebbero seguirmi e rintracciarmi ovunque, ma potrebbero persino essermi: saprebbero tutto di me dal momento stesso in cui verrebbe attivato il meccanismo pensiero; l'atto interiore non si realizzerebbe mai in azione esterna ché verrei sempre anticipato, bloccato. Sarei un processo mancato senza scampo e il mio stesso essere non si costituirebbe più; diverrei io stesso il mio confine entro il quale sarei intrappolato. Se così fosse sono, di sicuro, in possesso di un sistema informatico di controllo e monitoraggio in tempo reale di un flusso senza fine di dati che permetterebbe loro di prevedere, anzi sapere, tutto ciò che succederà o rimarrebbe nel campo dell'immaginato. Un software garantirebbe loro percentuali minime di errore: credo che il confine fra il realizzabile e il realizzato non sia così netto per tutte le situazioni future; certamente potrebbero limitarsi ad una indagine del già compiuto e allora lì l'errore scenderebbe allo zero. Nessuno avrebbe più scampo. Lasciate a loro stesse, ormai prive di quella separazione individuale che le ha caratterizzate, le persone entrerebbero a far parte di una rete neurale condivisa di nudi ed esposti pensieri tutt'uguali. Nessuna più umana opera. Ridotti al grado zero gli stadi di pensiero si ritroverebbe sintetizzati in un’eguaglianza massacrante in quanto tutto esisterebbe nella non esistenza dell'esistenza indotta.
Dato che il non pensiero equivale a pensare il non pensiero, e quindi, comunque, a pensare, e che il non pensiero in quanto tale è estraneo a noi, l'unica soluzione logica (che avrebbe conseguenze anche nell'elaborazione manifesta che ci coinvolge) sarebbe retrocedere ad uno stadio precedente di non logicità: essere pre-logici e lacerare le strutture sintattiche, i rapporti fra significati e significanti; distruggere e ricreare incessantemente nuove forme di pensiero, di linguaggio. Un sistema di caos in cui si annullerebbe il pensiero per eccesso dello stesso. Privi di coscienza diverremmo pre-uomini spersi nel mondo.
Un mondo non più comprensibile, rotto a seguito del disfacimento della catena pensiero che non determina più l'essere o non il essere. Un rumore bianco come vuoto che acceca.

Prima illusione
Dove mi trovo? Non lo ricordo più.
Non ricordo più chi sono.
Né perché mi faccio queste domande.
Né perché...
Né...
(Colpo secco)
Seconda illusione
Bello spettacolo vero?
Come sempre.
Già.
Terza disillusione
. . .

Questa volta è andata meglio, non trovate?
Sembrerebbe, ma ancora non ci siamo. Ancora ricordano, ancora sono... troppo... come dire... (umani) troppo umani. Troppi pensieri, troppa libertà.
Proveremo ancora statene certi.
Per forza. Dobbiamo riuscirci.
Resoconto progetto “nuova umanità”: i soggetti rispondo magnificamente dal punto di vista meramente fisiologico, non presentano nessun rigetto e i corpi estranei vengono accettati e assorbiti senza problemi; persistono gravi difficoltà nella simulazione della scoperta e attuazione dell'inganno: l'autodistruzione fisica, e soprattutto mentale poi, sembrerebbe essere la naturale e ovvia soluzione per il termine dell'individualità consapevole che andiamo anelando. Non sembrano essere pronti per l'oltre. È come se fosse presente un sistema di sicurezza per la nostra sopravvivenza come “passati”. Per ora almeno. Ricalibriamo forza.
Di nuovo.

Basta non incrociare o scambiare un accenno di sguardo con chi incontro, camminare con disinvoltura seguendo la solita strada e il [...] non si dovrebbe porre, spero. Quale [...]? […]


Andrea fomento Bollini